Grazie alla collaborazione con Iperborea ho avuto il piacere di leggere di recente Doppio vetro, il romanzo di Halldóra Thoroddsen vincitore del Premio della Letteratura Europea 2017. Ecco la mia recensione.
Doppio vetro di Halldóra Thoroddsen: recensione
Ero molto curiosa di leggere Doppio vetro: morivo dalla voglia di ascoltare la voce di un’autrice islandese. Il romanzo edito da Iperborea e che ha vinto il Premio della Letteratura Europea 2017, è davvero brevissimo: conta un totale di 106 pagine.
Doppio vetro racconta la storia di un’anziana signora che vive nel centro di Reykjavík, in Islanda, ed è ambientata circa una decina di anni fa. È sola, vedova da tempo. I figli e i nipoti sono grandi, hanno le loro vite lontano da casa. La vita è sempre uguale, gli amici rimasti sono pieni di acciacchi e le novità dietro l’angolo sono spesso brutte notizie. La memoria va e viene, e anche gli altri sensi iniziano a indebolirsi.
Eppure qualcosa di vivo, di caldo e pulsante, si presenta nella vita della nostra protagonista: un nuovo amore. Sverrir, anziano chirurgo divorziato, porterà nuova linfa vitale alla donna ormai quasi ottantenne. Ma tra tutte le gioie ritrovate, un amore che nasce al tramonto della vita non può avere dalla sua il tempo.
Riflessioni su Doppio vetro
Il libro è davvero breve e si legge anche di volata, volendo. Di primo impatto la sensazione che ho avuto è stata quella di provare poche emozioni: la storia e le parole scorrevano sotto i miei occhi senza lasciare segni particolari. Nessun cuore che salta battiti, nessun bisogno di tornare a rileggere passaggi particolarmente poetici. Mi sentivo molto lontana dalla protagonista e dalla storia raccontata dall’autrice.
Poi però nei giorni successivi mi sono ritrovata spesso a riflettere su determinati temi e a voler riprendere il libro in mano per una lettura più attiva. Quanto è lontano da noi il mondo degli anziani! Mi sono chiesta quanto la nostra mente riesca davvero a concepire il concetto della vecchiaia. Non soltanto da un punto di vista di invecchiamento del corpo, quella è la cosa più semplice da osservare. Piuttosto mi chiedo davvero se ci fermiamo mai a pensare cosa significhi essere anziani. Vecchi. Quanto si dilata il tempo, giorno dopo giorno? Quanto crescono o si affievoliscono determinate paure? Che peso ha la noia? E la solitudine? Quante energie consuma il prendersi cura dei ricordi e tirare le somme della propria vita? Come si trasformano le emozioni (o magari non si trasformano)?
Questo romanzo racconta la storia d’amore molto tenera tra due (quasi) ottantenni e del profondo tabù della passione senile. Racconta di una donna che supera alcuni ostacoli che la rendono titubante e prende le sue decisioni (personali, politiche, sentimentali) in autonomia finché può. Mi piacerebbe molto rileggerlo tra diversi anni, chissà se me ne ricorderò quando anche le mie rughe saranno così profonde da contenere una vita intera.
Se cercate altre letture islandesi di Iperborea vi consiglio assolutamente I pesci non hanno gambe di Jón Kalman Stefánsson e Atlante leggendario delle strade d’Islanda di Jón R. Hjálmarsson.