Uno dei viaggi più meravigliosi che ricordi è stato quello che mi ha portata a scoprire e visitare l’ Isola di Arran, in Scozia. Una sera ricevo il solito messaggio con troppe consonanti e decisamente troppe poche vocali su Whatsapp dal mio amico viaggiatore (che per ovvi motivi di privacy chiameremo Chain). Non è chiara la grammatica, ma colgo al volo il succo del messaggio: ha trovato un volo per la Scozia a 70 euro a/r. “Andiamo?”
Ora, ci sono un paio cose da dire. Io adoro Chain, perché come viaggia lui nessuno mai, e perché scrive messaggi così frettolosamente che non si capisce mai cosa scriva, ma nonostante l’idea di trascorrere un weekend con lui in Scozia mi affascinasse da morire ero molto dubbiosa: ma cosa possiamo vedere in Scozia con così poco tempo? Non è un viaggio sprecato? Nessun problema, scrive Chain (o meglio, questo è quello che credo abbia scritto): andiamo a visitare l’Isola di Arran!
Il nostro areo atterra a Prestwick (Glasgow) verso mezzanotte, e dormiamo a Prestwick, per poi prendere il treno di buon mattino e arrivare ad Ardrossan, da cui prendiamo il traghetto per l’isola. Già l’esperienza del traghetto è magica: nonostante fosse fine aprile un freddo tagliente sfidava i nostri cappotti e le nostre sciarpe a restare sul ponte per godersi i colori delle onde e del cielo, e l’isola che diventava sempre più vicina.
Per visitare l’Isola di Arran, una volta sbarcati, noleggiamo un’auto. Da quel preciso momento inizia un’avventura incredibile. L’isola è meravigliosa, e ci accoglie con un vento gelido e tagliente, che però spazza via le nubi e ci regala un meraviglioso sole limpido e dei colori mai visti. Una quiete e una bellezza che tolgono il fiato.
In due giorni seguiamo il perimetro dell’isola sulla strada principale e la giriamo tutta, fermandoci in pittoreschi villaggi di pescatori, oppure intraprendendo a piedi lunghe passeggiate tra boschi e brughiere, scogliere a strapiombo e spiagge che sembra che stiano aspettando proprio te, già che l’alta marea tarda ad arrivare. Il paesaggio cambia continuamente sotto ai nostri occhi, rubandoci sorrisi, parole e scatti fotografici che non gli rendono giustizia.
Lochranza con il suo castello in rovina, i menhir che si stagliano solenni e solitari nella brughiera di Machrie, le Giant’s Graves (Tombe dei Giganti) in cima alla collina che sovrasta Whiting Bay, le casette ordinate che pazienti scrutano l’oceano, i “dodici apostoli” di Catacol Bay… e quelle meravigliose panchine sparse su tutta l’isola, come coriandoli lanciati in aria e caduti o portati dal vento nei posti più disparati. È impossibile resistervi, e nel bel mezzo del nostro itinerario ci è capitato spesso di scorgerne qualcuna in punti inaspettati, accostare la macchina, e andare a sederci per qualche minuto.
Sei seduto su una panchina e davanti a te l’oceano, così vicino che ti arrivano gli schizzi delle onde addosso; davanti a te tronchi maestosi che respirano silenziosi, verdi di muschio, al limitare della foresta; davanti a te distese di sabbia immobile intrappolata nella bassa marea. Dietro di te, invece, quando ti alzi per andar via, pezzi di cuore, lasciati su ogni panchina.
La gente dell’isola è meravigliosamente cordiale e amichevole. È una bellezza per gli occhi e per lo spirito starsene seduti su una panchina, o accovacciarsi sulla finestra al caldo della proprio camera, e osservare la gente del posto che esce spesso per lunghe passeggiate sulle spiagge, in compagnia di cani che giocano con legnetti e onde.
Tra tutti, due sono i ricordi ai quali ritorno molto spesso con la mente e che ancora mi regalano emozioni: i secondi in cui, nella notte buia, guidando verso casa, ci siamo ritrovati faccia a faccia con un cervo, maestoso, superbo, e incredibilmente vicino; e le ore meravigliose trascorse a Catacol Bay, al caldo della stufa, a osservare l’oceano e il vento infuriare oltre il vetro dell’ampia finestra della locanda. Avevamo un itinerario da seguire, avevamo finito di mangiare, era ora di proseguire. Eppure era impossibile andare via: la musica che si intonava al nostro umore, la legna che ardeva silenziosa, le mani finalmente calde, e quella sensazione di volersi godere ogni secondo perché sai, sai benissimo, che il ricordo di quel momento resterà con te per sempre.
Visitare l’Isola di Arran è stato un viaggio sorprendente, così come è sorprendente il mio amico viaggiatore Chain. Sogno di tornarci, magari sempre con lui, magari quando saremo due vecchietti, di tornare a quella locanda, e dopo aver finito la nostra zuppa calda raccontarci di quando abbiamo visto un cervo nella notte, e siamo rimasti al calduccio della stufa proprio dietro il vetro di quella stessa finestra, quando eravamo giovani, tanti, tanti anni prima.
Voi ci siete mai stati? La conoscete? E soprattutto, conoscete qualche libro o qualche autore legato a questo posto?
Grazie per il racconto del tuo viaggio.
Le foto sono davvero suggestive.
???⛅?
ho appena segnato quest’isola incantata tra le mete di viaggio! ??
Grazie a te per avermi letta, Ele! <3 E sì, ti piacerebbe un mondo questo posto!!!
Molte grazie per questo racconto, mi hai fatto scoprire un’isola sconosciuta finora.
Grazie a te che mi leggi. E se hai modo vai a vederla che è un’isola incantevole! 😉
ci vado a gennaio, grazie, ami le mie stesse suggestioni! Roby
Un classico della storia del documentario, The man of Aran, Molto difficile da reperire ma emozionante (anni 30).
Se per caso sei a Bologna credo che la cineteca ne abbia una copia. Non ho mai cercato su internet…
No scusa ho sbagliato, il. Documentario è sull’isola di Aran in Irlanda, mentre quella scozzese è Arran.