Sylvia Plath legge Tu l'hai detto

Grazie alla gentile collaborazione con Iperborea che mi ha inviato una copia omaggio del romanzo, ho avuto il piacere di leggere anni fa Tu l’hai detto. Il romanzo firmato dall’autrice olandese Connie Palmen esplora la storia d’amore di Sylvia Plath e Ted Hughes raccontandola dal punto di vista di lui. Una ricerca certosina, l’intreccio tra la poetica dei due autori e la ricostruzione biografica delle loro vite mi ha affascinata tantissimo. La precisione e la cura con cui ogni singola parola è stata scelta lo rendono un lavoro impeccabile. Ho amato molto questo libro e l’ho letto con piacere. In questo 27 ottobre 2021, anniversario di nascita di Sylvia Plath, con ancora maggior piacere ospito oggi qui sul blog un articolo davvero speciale. Sylvia Plath legge Tu l’hai detto: come reagirebbe l’autrice al romanzo della Palmen? Un articolo di Manuela La Gamma per Follow The Books.

Un cambio di prospettiva

Ho amato tantissimo questo romanzo, e mentre lo leggevo non facevo che chiedermi: chissà cosa ne penserà Manuela La Gamma di Impressions Chosen From Another Time, che è un’esperta conoscitrice della poetessa statunitense Sylvia Plath? Manuela si è divertita a immaginare un’ eventuale reazione dell’autrice americana al romanzo appena edito da Iperborea. Quale sarebbe la risposta di Sylvia Plath a Tu l’hai detto?

Sylvia Plath legge Tu l'hai detto

Sylvia Plath legge Tu l’hai detto di Connie Palmen, un articolo di Manuela La Gamma

Sono ridotta a un’equazione.

Ancora una volta, sono ridotta a una cosa che il grande Ted Hughes vuole – a quello che Ted vede, a quello che Ted pensa e sogna di me.

Il fantasma di quella che non sono io si aggira per il labirinto fantastico della sua memoria da sciamano, soggetto agli oroscopi, spaventato dalla superstizione.
Sono io, la studentessa americana con la fascia rossa tra i capelli biondissimi che si aggira spensierata per le feste studentesche; e non sono io, la ragazza troppo chiassosa e troppo sfacciata, troppo intensa per essere vera.

Sono io, la giovane moglie che passeggia al braccio dell’aitante marito – la pantera affamata di sangue– per i viali alberati di Boston e ammira le rose; e non sono io, l’arpia isterica malata di gelosia, pronta a sbranare qualsiasi fanciulla che provi a coglierle, quelle rose, e a strappare un sorriso.

Sono io, la giovane madre impacciata che impara lo stupore e la meraviglia della sua bambina, in quell’ appartamentino londinese a Chalcot Square; e non sono io, la Furia affamata di morte.

Chi sono io? Chi sono diventata?

Bionda, bruna, coi capelli corti o con la lunga treccia scura, sono una voce messa a tacere da un marito ingombrante e un esercito di familiari, amici, conoscenti, tutti improvvisamente intenti a congiurarmi alla stessa tavola Ouija alla quale Ted spesso si rivolgeva. Tra me e il fantoccio che tutti si sono affrettati a costruire, l’eternità.

Non pretendere di risolvermi e di assolverti, Ted. Non pretendere di penetrare il mio amore e il mio dolore, di paragonarli al male silenzioso che ti ha inquinato la vita e che ti ha lentamente eroso. Restituiscimi il mio amore e il mio dolore, e fatti carico di quel senso di colpa che hai cercato – tuo malgrado – di soffocare. Le tue lettere in poesia non possono raggiungermi nella mia solitudine di Fitzroy road – non possono penetrare il freddo glaciale, l’isolamento, l’alienazione di qualcuno che ha smesso di essere se stessa. Sono qui a misurare la mia glaciale cucina a passi sempre più stretti e concitati – il lungo cappotto nero che non riesce a riscaldarmi, la treccia serrata che inizia a sciogliersi. Ti guardo, seduto di fronte a me, la testa tra le mani, il ciuffo bruno fuori posto – ma tu non sei qui, sei in un altro appartamento a sfuggire all’ inverno glaciale tra altre braccia. Siamo due solitudini, chiuse nelle nostre campane di vetro, e non possiamo raggiungerci né toccarci né parlarci.

Smetti di semplificarmi e lasciami andare.

Restituiscimi la mia voce, e ritrova la tua – quell’ io che io non ho avuto il tempo di costruire, quell’ io che hai cercato di soffocare:

E io, che tanto a lungo sono stato nemico della parola più rivelatrice della lingua, ho riversato la mia anima di piombo in quel fragile stampo, sono uscito con lei allo scoperto e l’ho detto: io.

Manuela La Gamma,
Impressions Chosen From Another Time

E voi lo avete letto Tu l’hai detto? Che impressioni avete avuto? Vi è piaciuto? Fatemelo sapere nei commenti! Se invece siete ancora curiosi e volete leggere la mia recensione-approfondimento la trovate qui. Se volete scoprire altri meravigliosi libri editi da Iperborea allora vi consiglio di leggere Isola, recensione.